Comunque vada a finire a livello giudiziario, il caso Silvana Saguto, ex presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo, il risultato non cambia: dal capoluogo siciliano continuano ad essere messe in piedi “sistemi clientelari”.
Il “sistema” si ripete di continua e verosimilmente con gli stessi metodi; basta leggere alcuni dei passaggi delle motivazioni della Corte d’Appello di Caltanissetta che ha condannato la Saguto: esercitò un “uso distorto” del suo potere, “spinta da uno spasmodico desiderio di assicurare un tenore di vita elevato a sé e alla sua famiglia”, e fu responsabile di una “mala gestio” dei beni sequestrati in cui “gli unici interessi perseguiti erano quelli egoistici”.
Se in primo grado è stata condannata dal Tribunale di Caltanissetta a 8 anni e sei mesi, mentre nel secondo grado di giudizio, dinanzi la Corte d’appello di Caltanissetta, il 20 luglio 2022, le è stata inflitta una condanna leggermente più pesante a 8 anni e 10 mesi per corruzione, concussione e abuso d’ufficio, poco importa se è caduta l’accusa di associazione a delinquere, in quanto se i pm nisseni e i giudici di Caltanissetta concordano che Silvana Saguto aveva messo in piedi il suo “cerchio magico” attorno ai “beni confiscati alla mafia”, allora qualcuno deve continuare a indagare intorno a ciò che ruota attorno alla “vicenda dei beni confiscati alla mafia”.
Se questo processo ha rilevato che attorno alla confisca e all’amministrazione dei beni confiscati si possono realizzare “corruzioni”, “gruppi di appartenenza”, “scambio di reciproche utilità”, allora la logica ci porta a supporre che il “business” non può interrompersi, proprio come il famoso dossier “mafia-appalti”, solo che stavolta la mafia e gli appalti sono ben diversi.
Sono i giudici del tribunale di Caltanissetta a scrivere “i reati sono stati commessi ciascuno in adesione ad un patto corruttivo, di scambio di reciproche utilità tra i concorrenti senza che mai si possa individuare l’appartenenza a un gruppo stabile e duraturo”.
Sono gli ermellini che nero su bianco scrivono “senza che mai si possa individuare l’appartenenza a un gruppo stabile e duraturo”, per tale occorre rimanere in guardia e non smettere di cercare.
E anche se durante la sua requisitoria, l’ex procuratrice generale di Caltanissetta, Lia Sava aveva affermato: “Questo non è un processo all’antimafia o a una certa antimafia. Abbiamo solo fotografato alcune condotte illecite. E vi assicuro che è stato un processo doloroso, molto doloroso anche per noi, non solo per gli imputati. Un dolore lancinante, un coltello senza manico. Ci siamo feriti anche noi”, noi non possiamo l’altro “cerchio magico” poi divenuto “Sistema Montante” che, come riporta l’Adnkronos, secondo gli inquirenti, Montante sarebbe stato la testa di una sorta di “governo parallelo” in Sicilia, e avrebbe “diretto” la vita politica e amministrativa dell’Isola, piazzando suoi uomini in posti strategici. È stato accertato con sufficiente chiarezza – aveva scritto la Procura nissena nella richiesta di arresto – che Montante, oltre a promettere e a far ottenere occupazioni lavorative, si prodigasse per soddisfare aspettative di carriera o trasferimenti di sede”.
Per tale motivo il caso Saguto, i processi e le sentenze, sono la firma di diversi magistrati che in disgiunti casi affermano “sistemi clientelari” in Sicilia che arrivano fino alle alte sfere.
Nemmeno il tempo di godersi la sentenza e subito la procura generale di Caltanissetta ha chiesto l’arresto per lei ed altri, in quanto nonostante la Cassazione ha annullato una parte del verdetto della Corte d’Appello e ridimensionato la pena, la condanna divenuta irrevocabile è comunque superiore ai 4 anni e quindi non può essere sospesa. Da qui la decisione di disporre l’arresto.
L’ex giudice Silvana Saguto è stata quindi prelevata dalla Guardia di Finanza dalla clinica Margherita di Palermo, in cui era ricoverata da tre settimane, e trasferita al carcere Pagliarelli, per scontare una condanna a 7 anni e 10 mesi per corruzione diventata definitiva ieri; il marito di Saguto, Lorenzo Caramma, dovrà scontare 6 anni e un mese; il professore universitario Carmelo Provenzano si è costituito a Rebibbia e l’avvocato Gaetano Cappellano Seminara, a Bollate (MI), dovranno scontare pene rispettivamente di 6 anni e 8 mesi e 7 anni e sei mesi.
Sistema Montante
Se all’inizio, come riporta l’Adnkronos, nel processo bis su Calogero Montante e sul “cerchio magico” erano imputati, oltre all’ex paladino dell’antimafia Montante, ex presidente di Confindustria Sicilia, l’ex presidente della Regione Rosario Crocetta, gli ex assessori Linda Vancheri e Mariella Lo Bello, l’ex commissario Irsap Maria Grazia Brandara, gli imprenditori Giuseppe Catanzaro, Rosario Amarù e Carmelo Turco, Vincenzo Savastano vicequestore aggiunto all’epoca dei fatti della polizia dell’ufficio di frontiera di Fiumicino, Gaetano Scillia capocentro Dia di Caltanissetta dal 2010 al 2014, Arturo De Felice, direttore della Dia dal 2012 al 2014, Giuseppe D’Agata, colonnello dei carabinieri, e Diego Di Simone Perricone, ex capo della security di Confindustria.
Mentre nell’ordinario, erano imputati l’ex presidente del Senato Renato Schifani, oggi presidente della Regione, accusato di concorso in associazione a delinquere semplice e rivelazione di notizie riservate. Sotto processo anche l’ex direttore dell’Aisi Arturo Esposito, il caporeparto dell’Aisi Andrea Cavacece, il “re dei supermercati” Massimo Romano, il tributarista Massimo Cuva, il colonnello dei carabinieri Giuseppe D’Agata, il sindacalista Maurizio Bernava, gli imprenditori del settore sicurezza Andrea e Salvatore Calì, Rosetta Cangialosi, Carmela Giardina e Vincenzo Mistretta (tre dipendenti di Montante), il poliziotto Salvatore Graceffa, il dirigente di Confindustria Carlo La Rotonda, il maggiore della guardia di finanza Ettore Orfanello, il luogotenente Mario Sanfilippo e il colonnello dei carabinieri Letterio Romeo.
Insomma, un “sistema” che vede imputati, tra gli altri, il Presidente della Regione siciliana, Renato Schifani, oltre a imprenditori, colonnelli e generali.
Sistema Saguto
Per quanto riguarda Silvana Saguto, la Cassazione ha dichiarato irrevocabile la sentenza di secondo grado ma solo parzialmente, riqualificando invece alcuni capi di imputazione, dichiarando la prescrizione di altri, mentre altre accuse nei confronti degli imputati (12 in totale nel processo) sono cadute per pronuncia di assoluzione.
Secondo il tribunale di Caltanissetta “i reati sono stati commessi ciascuno in adesione ad un patto corruttivo, di scambio di reciproche utilità tra i concorrenti senza che mai si possa individuare l’appartenenza a un gruppo stabile e duraturo”.
A finire sotto processo, accanto a Silvana Saguto e a Cappellano Seminara, condannato in appello a 7 anni e sette mesi, il marito dell’ex giudice, l’ingegnere Lorenzo Caramma, che in secondo grado ha avuto 6 anni e 2 mesi, il figlio Emanuele Caramma 4 mesi, l’ex prefetta di Palermo Francesca Cannizzo e il professore della Kore di Enna ed ex amministratore giudiziario Carmelo Provenzano, entrambi condannati a 3 anni.
Il tenente colonnello Rosolino Nasca, due anni e 8 mesi; l’avvocato Walter Virga, un altro amministratore giudiziario del “cerchio magico”, un anno e 4 mesi. Roberto Di Maria, preside della facoltà di Giurisprudenza di Enna un anno e dieci mesi, il commercialista Roberto Santangelo condannato a 4 anni e due mesi, Maria Ingrao, moglie di Provenzano e Calogera Manta, la cognata, condannate a 2 anni e 8 mesi.
Ecco cosa è stabilito con questa sentenza:
Assolte definitivamente la moglie di Provenzano, Maria Ingrao, e la cognata, Calogera Manta.
Assolto perché il fatto non sussiste, l’avvocato Walter Virga.
Assolto definitivamente anche il preside della facoltà di Giurisprudenza di Enna, Roberto Di Maria.
Annullata con rinvio sempre per ricalcolare la pena la condanna di Roberto Santangelo, pure lui amministratore giudiziario. Aveva avuto 4 anni e 2 mesi.
Condanna definitiva all’ex prefetto di Palermo, Francesca Cannizzo, anche se il reato di concussione è stato derubricato in induzione indebita a dare o promettere utilità.
Mentre per il tenente colonnello della Guardia di finanza Rosolino Nasca, all’epoca in servizio alla Dia, difeso dall’avvocato Giuseppe Gerbino, sarà celebrato un nuovo processo. La Cassazione ha, infatti, annullato con rinvio la condanna a 2 e 8 mesi per corruzione. Una posizione che si trascina anche quella di Saguto che con Nasca rispondeva del reato in concorso.
Se da una parte l’accusa ha sottolineato: «Noi non abbiamo titolo per dare giudizi morali, se avessimo voluto parlare di etica avremmo selezionato capi di imputazione generici. Vi assicuro che abbiamo maneggiato con cura il materiale probatorio», dall’altra, cosa vogliamo raccontare ai giovani che ogni anno si presentano alle commemorazioni delle “stragi” o ai convegni sulla legalità?
Tutto fa parte della storia e non possiamo sottrarci nel raccontare i fatti la verità, poi chiunque può farsi un’opinione, nel rispetto delle sentenze e nel rispetto della storicità di fatti giunti alla cronaca nazionale e anche oltre.