L’avv. Trizzino ricostruisce i rapporti tra Borsellino, Falcone e il nemico Giammanco, amico della politica

Ieri, 2 ottobre, si è svolta la seconda audizione dell’avv. Fabio Trizzino e di Lucia Borsellino, sulla strage di via D’Amelio, dinnanzi alla Commissione Parlamentare Antimafia presieduta dall’On. Colosimo.

Ricostruire, come abbiamo fatto nel precedente articolo, quei 57 giorni, dalla strage di Capaci in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone e Francesca Morvillo insieme alla scorta, all’accelerazione che portò alla strage di via D’Amelio, in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino insieme alla scorta, non è facile.

Il motivo è costituito dall’insieme degli elementi documentati da Trizzino che denuncia apertamente alla Commissione Antimafia di un illecito a cielo aperto all’interno di quella Procura di Palermo, di una commistione di collusione ben visibile tra magistratura e politica al punto di togliere i poteri, stabiliti dalla legge, al giudice Falcone, da parte del procuratore Giammanco e di alcuni accoliti, come Giuseppe Pignatone.

Una ricostruzione storica tratta dall’insieme di documenti, tra cui: verbali, audizioni, interrogatori, confidenze, atti del CSM e tanto altro ancora.

Il passaggio documentale, dice l’avv. Trizzino, è rinvenibile nel verbale della commissione del CSM del 1992, perché Falcone “Non poteva competere con gli appoggi politici di Giammanco. Questo lo trovate nell’audizione della dottoressa Maria Falcone del 30 luglio 1992. Elementi che non sono entrati neanche a mia conoscenza nei processi di Capaci”.

Perché, a proposito delle compiacenze politiche di Giammanco con qualche politico della Regione Sicilia, si legge a tal proposito – dice Trizzino – in un appunto del 18/12/1990 del giudice Falcone: “Giammanco ha sollecitato la definizione di indagine riguardante la Regione al capitano De Donno, procedimento affidato ad Enza Sabatino, assumendo che altrimenti la Regione avrebbe perso finanziamenti. Ovviamente dice Falcone qualche uomo politico gli ha fatto”.

Ed ancora, sugli appunti di Giovanni Falcone:

“Dopo che ieri pomeriggio si è deciso di riunire i processi Reina, Mattarella e La Torre. Stamattina gli ho ricordato che vi è l’istanza della parte civile nel Processo La Torre PC. Ho suggerito (Falcone che scrive l’appunto ndr) quindi al giudice istruttore di compiere noi le indagini in questione incompatibili col vecchio rito, acquisendo copia dell’istanza in questione. Invece, sia egli (Giammanco ndr) sia Pignatone insistono per richiedere soltanto la riunione, riservandosi di adottare una decisione soltanto in sede di requisitoria finale. Un modo come un altro per prendere tempo”.

Audizione Maria Falcone (sorella del giudice Giovanni) resa al CSM 30 luglio 1992

Per tale questo articolo sarà il primo di una serie; è importante concentrarci sulle questioni ricostruite non solo dall’avv. Fabio Trizzino, ma come lui stesso ha specificato dell’intera famiglia: “la nostra vita le nuove generazioni della famiglia anziché in qualche modo cercare di vivere la propria vita è costretta a impegnarsi in questa ricerca della verità che non è semplice. Quindi è una questione proprio di dignità e di impegno.”

È chiaro sin da subito che questa audizione rappresenta una nuova pagina di storia per arrivare alla verità, soprattutto delle commistioni mafiose (non solo relative a Cosa Nostra) nella gestione degli appalti, di sentenze e archiviazioni, soprattutto alla luce dell’annotazione di Giovanni Falcone del 7 dicembre 1990, in cui scrive: “

Mettiamo subito in chiaro il nodo cruciale della vicenda che Trizzino ricostruisce atti alla mano: dichiarazioni in vari processi, dichiarazioni al CSM, annotazioni e così via.

Che il giudice Paolo Borsellino fu ucciso da Cosa Nostra non ci sono dubbi, ma che l’accelerazione di quest’ultima fu dovuta a dei fatti riconducibili ad una parte di magistratura che “inviava informative delle indagini a politici”, “pensava ad aiutare la politica siciliana su fondi” e quindi su quel dossier “Mafia-Appalti”, non ci sono dubbi.

Il buco nero sul depistaggio che condusse alla morte il giudice Paolo Borsellino è una partita aperta, in quanto ancora oggi molti sono ancora vivi, e la magistratura ha il compito di intervenire al più presto.

Basti ancora riflettere – sulle dichiarazioni di Trizzino – in cui sottolinea alcuni elementi che non sono mai entrati nei processi, come la dichiarazione della dott.ssa Maria Falcone, in cui dice a proposito di Giovanni “Perché non poteva. Non poteva competere con gli appoggi politici di Giammanco”.

Ecco il vulnus degli omicidi Falcone e Borsellino che l’avvocato Trizzino ha denunciato ieri in Commissione Antimafia.

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