Venerdì 15 settembre, davanti al giudice monocratico del Tribunale di Siracusa, si svolgerà la prima udienza del procedimento a carico di cinque persone imputate per diffamazione aggravata dal fatto determinato e dal mezzo stampa ai danni del giornalista Paolo Borrometi.
Gli imputati sono i giornalisti Giuseppe Guastella e Giuseppe Gallinella, la signora Valeria Micalizzi e l’ex onorevole Giuseppe Gennuso; quest’ultimo, secondo quanto riportato nel decreto, firmato dal procuratore aggiunto Fabio Scavone e dal sostituto Andrea Palmieri, viene indicato come “promotore” del tentativo di diffamare Borrometi, mentre gli altri tre imputati sarebbero autori degli articoli calunniosi.
Gli imputati, fra l’altro, avrebbero anche offeso la reputazione di Antonino Ciavola, Vice Questore Aggiunto della Polizia di Stato, già dirigente della Squadra Mobile di Ragusa: la diffamazione sarebbe stata posta in essere con la pubblicazione di articoli in cui venivano diffuse anche le trascrizioni della registrazione del colloquio tra Valeria Micalizzi e l’Ispettore di Polizia in pensione Giuseppe Modica.
Il giornalista Paolo Borrometi, condirettore dell’AGI, e direttore responsabile della testata giornalistica online “La Spia”, da nove anni vive sotto scorta per le sue denunce sugli affari della mafia che vanno da Vittoria a Siracusa.
Nel voluminoso fascicolo di 1525 pagine che abbiamo avuto modo di leggere (ed ipotizziamo sia finito nelle mani di molti), sono contenute dichiarazioni rese dal giornalista Paolo Borrometi che a nostro giudizio mettono a rischio e pericolo la vita di diverse persone, e nel proseguo ne spiegheremo i motivi.
Un processo che, secondo quanto riportato nel fascicolo, ha delle dinamiche complesse.
Alcuni estratti, delle tante pagine contenute nel corposo fascicolo, sono pubblicate nel sito Antimafia Duemila (qui) e Diario1984 (qui); riscontriamo dal sito web di AD quanto segue:
“La Procura ha raccolto, tra l’latro, la dichiarazione resa da un collaboratore di giustizia alla Dda di Catania, e secondo cui nell’estate del 2019 Guastella gli avrebbe parlato di approcci perché diffondesse notizie infamanti non solo su Borrometi, ma anche sul capitano dei carabinieri di Siracusa, Vincenzo Alfano”.
Ma è anche vero che il giornalista Borrometi, come si legge in alcune parti del fascicolo, ha dichiarato che nel 2017 (anno in cui era già giornalista professionista) avrebbe ricevuto del materiale, da Inturri Maurizio, riguardante alcuni soggetti della città di Avola e che lo stesso “ha immediatamente girato al Commissariato di P.S. di Avola, dott. Fabio Aurilio, come risulta dalla nota a firma di quest’ultimo che si allega, del 7 giugno 2017”, omettendo che non si trattava di semplice materiale, ma bensì di una “testimonianza di terzi”.
Da qui è possibile subito capire che il processo che si andrà a celebrare a Siracusa dal 15 settembre, non è un comune processo, in quanto oltre ad aver violato le regole etiche e deontologiche di non rilevare la fonte se non davanti a un giudice e a circostanze precise, il Borrometi ha dichiarato il falso.
Se fosse vero quanto dichiarato dal dott. Borrometi, cioè di aver trasmesso materiale al Commissariato di P.S. di Avola, perché durante le amministrative avvenute nella medesima città si è concentrato a scrivere articoli esclusivi e non sulla criminalità di Avola, mentre l’allora senatore Mario Giarrusso condivideva tutto via social?
È ancora, se il Commissariato di P.S. di Avola era a conoscenza di quel materiale trasmesso da Borrometi, perché Inturri, sempre nel 2017 e negli anni a seguire, viene aggredito mentre era alla guida della propria auto, mentre si trova al cimitero e via via fino ad oggi non è stato mai protetto?
Non vi sembra un mistero?