In un periodo di crisi economica dovuto in gran parte agli aumenti del costo del carburante, energia elettrica, gas, acquisto di generi di prima necessità (alimenti vari), mentre dall’altra all’eliminazione del famoso reddito di cittadinanza in quanto adesso ci sono delle regole specifiche da rispettare, molti si chiedono se il pagamento del tributo della TARI è dovuto.
Innanzitutto, bisogna considerare che la tassa sui rifiuti – in breve, la Tari – è divenuta un tributo fondamentale per il nostro Paese, perché il suo gettito serve a finanziare i molteplici costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani che tutti noi ogni giorno produciamo.
Esistono però molte esenzioni e riduzioni: alcune di esse sono stabilite dai Comuni nei propri regolamenti e delibere, altre, invece, sono previste direttamente dalla legge statale.
Nel sito web Laleggepertutti è possibile leggere diversi approfondimenti su questo e altri temi, da lì abbiamo estratto quanto segue.
Niente Tari se il servizio non funziona
Essendo la Tari una tassa, e non un’imposta, è commisurata al servizio reso. Perciò la Tari non è dovuta se il servizio comunale di smaltimento dei rifiuti è carente. Lo ha sancito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 25589 del 31.08.2022.
La Suprema Corte, nell’occasione, ha però ricordato che «grava sul contribuente l’onere di provare la sussistenza delle condizioni per beneficiare del diritto ad ottenere una riduzione della superficie tassabile o, addirittura, l’esenzione, costituendo questa un’eccezione alla regola del pagamento del tributo da parte di tutti coloro che occupano o detengono immobili nelle zone del territorio comunale».
Insomma, il contribuente che vuole evitare il pagamento della Tari deve sempre dimostrare gli inadempimenti del Comune nel servizio di raccolta rifiuti, ad esempio chiedendo una riduzione proporzionale se esso si è interrotto in alcuni periodi dell’anno. Nella vicenda esaminata dalla Cassazione, il ricorrente ha prodotto le fatture di una società privata che aveva curato lo smaltimento al quale non aveva provveduto l’Ente pubblico.
Tari: riduzione per mancata raccolta rifiuti
Lo stesso principio è stato ribadito nel 2023 da un’altra sentenza della Cassazione, la n. 25589 del 31.08.2022: dunque spetta sempre al contribuente provare di avere diritto alla riduzione della Tari a causa del mancato svolgimento del servizio di raccolta rifiuti.
La legge n. 147/2013 dispone che la Tari è dovuta nella misura massima del 20% in caso di mancato svolgimento del servizio, ovvero di effettuazione dello stesso in grave violazione della disciplina di riferimento. Inoltre, la tariffa non può essere superiore al 40% nelle zone non raggiunte dal servizio di raccolta. Entrambe le riduzioni citate sono obbligatorie per legge e dunque trovano applicazione anche in difetto di una previsione del regolamento comunale.
Tari: riduzioni obbligatorie
Le riduzioni obbligatorie della Tari previste dalla legge nazionale (fermo restando che ogni Comune nel proprio territorio può introdurne di ulteriori o variare quelle esistenti) sono:
– riduzione della quota variabile proporzionale alle quantità di rifiuti speciali assimilati agli urbani che il produttore dimostra di aver avviato al riciclo, disciplinate dal comune con proprio regolamento come previsto dall’ art. 1, co. 649, L. n. 147/2013;
– riduzione per mancato svolgimento del servizio di gestione dei rifiuti, o di effettuazione del servizio in «grave violazione della disciplina di riferimento», o di interruzione del servizio per motivi sindacali o per «imprevedibili impedimenti organizzativi che abbiano determinato una situazione riconosciuta dall’autorità sanitaria di danno o pericolo di danno alle persone o all’ambiente»: in tutti questi casi la Tari è dovuta nella misura massima del 20%, quindi il taglio può arrivare fino all’80% della quota annuale come previsto dall’ art. 1, co. 656, L. n. 147/2013;
– riduzione per le zone in cui, per vari motivi, non è effettuata la raccolta: in tali casi la Tari è dovuta nella misura massima del 40%, secondo quanto stabilito dal Comune, che può anche graduare la tariffa in relazione alla «distanza dal più vicino punto di raccolta rientrante nella zona perimetrata o di fatto servita», art. 1, co. 657, L. n. 147/2013.

Il Comune di Chivasso, per l’anno 2023, ha previsto una serie di agevolazioni
Tari: esenzioni e riduzioni facoltative
Il presupposto impositivo della Tari è «il possesso o la detenzione a qualsiasi titolo di locali o di aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani. Sono escluse dalla Tari le aree scoperte pertinenziali o accessorie a locali tassabili, non operative, e le aree comuni condominiali di cui all’articolo 1117 del codice civile che non siano detenute o occupate in via esclusiva», meglio indicato nell’ art. 1, co. 641, L. n. 147/2013. Ecco perché generalmente il condominio non paga la Tari e la pagano, invece, direttamente e singolarmente i suoi componenti.
Quindi ciò che rileva ai fini dell’obbligo di pagare la Tari non è la produzione concreta di rifiuti, bensì la potenziale attitudine dell’area a produrli. Questo spiega perché la mancata utilizzazione di fatto dei locali o delle aree possedute o detenute non basta ad escludere il presupposto impositivo. Al di là di questa disposizione generale di legge, ogni Comune ha la facoltà, come previsto dall’ art. 1, co. 659, L. n. 147/2013, di introdurre con proprio regolamento esenzioni e riduzioni Tari.