Una giornata da dimenticare, quella di stamane, presso l’aula della Commissione Parlamentare Antimafia, presieduta dalla Presidente on. Chiara Colosimo, dove durante la diretta abbiamo assistito ad uno spettacolo a dir poco vergognoso.
Stamane, infatti, l’avv. Fabio Trizzino e la moglie Lucia Borsellino, figlia del giudice Paolo Borsellino, dovevano rispondere alle domande poste dai componenti della commissione, ma così – effettivamente come si potrebbe supporre – non lo è stato.
Insomma, possiamo dire che in quella che doveva essere una “ricostruzione storica documentale” di quei 57 giorni che precedettero la “strage di via Mariano D’Amelio”, gli ultimi istanti e lasciti del giudice Borsellino alla moglie Agnese, come: “ho visto la mafia in diretta”, “la consegna dell’agenda grigia” da parte del Questore Arnaldo La Barbera alla sig.ra Agnese e Lucia che viene accusata dallo stesso, perché si lamentò della mancanza di quell’agenda rossa, “probabilmente avevo bisogno di un supporto psicologico, perché ero particolarmente provata. Mi fu detto che deliravo”, frase ripetuta anche se diversa a Fiammetta in altre circostanze, è terminata drasticamente proprio stamane.
La Presidente Colosimo è dovuta intervenire più di una volta per chiarire che la giornata odierna era destinata alle domande da parte dei commissari, come stabilito, precedentemente, presso l’ufficio di presidenza.
Francamente, non avevamo dubbi che sarebbe scoppiata una “bomba interna” in seno alla Commissione, ma che ciò avvenisse – spudoratamente – durante la diretta sul sito istituzionale e su YouTube, ha superato ogni aspettativa.
Un danno all’immagine del tema in discussione (la vicenda Borsellino), un danno all’immagine della componente parlamentare della commissione antimafia, una diseducazione in diretta per le nuove generazioni, ma soprattutto uno sfregio alle persone per bene (società, magistrati, forze dell’ordine, politici ecc) che ogni giorno cercano di portano avanti un dialogo costruttivo.
Quanto accaduto era un’antitesi di quanto stava accadendo da giorni sui social fra chi ancora porta avanti la tesi “Trattativa” e chi la tesi “Mafia-Appalti”, fra l’altro ampiamente accertata.
Non vi è dubbio che la vicenda debba essere rivista partendo dall’intera documentazione raccolta, perché ne abbia parlato già in altri articoli, ci sono punti contrastanti nel documento desecretato delle audizioni del CSM del 1992.
Nel documento potrete leggere che in tanti non sapevano che Paolo Borsellino avesse una madre in via D’Amelio e che proprio lì viene scoperto non solo un edificio di un mafioso, ma accade la strage.
Proprio in quel documento, si legge, che il consigliere del CSM Nando Della Chiesa si era opposto alla promozione di Giammanco presso la procura di Palermo, proprio per i suoi rapporti con Mario D’Acquisto.
“Documenti e dichiarazioni”, è questo il nocciolo della questione che dà fastidio, perché se l’avv. Fabio Trizzino ha ragione, molti (ancora vivi) dovranno risponderne dinnanzi alla giustizia, ed anche se già abbiamo sentito spesso “no ricordo”, adesso le idee possono essere rinfrescate.
Su una questione il punto sembra chiaro, i documenti redatti da Paolo Borsellino (e con tutta probabilità da Giovanni Falcone) che dovevano rimanere riservati, come l’interrogatorio di Leonardo Messina, uscì da quella procura e finì nelle mani di imprese corrotte.
Su questo punto non possiamo accusare i ROS per un semplice motivo, primo perché i ROS collaboravano all’informativa con Falcone (le date sono nei documenti che abbiam pubblicato) e se avessero voluto, avrebbero potuto facilmente non iscrivere determinati nomi (non erano interrogatori in presenza di procuratori come nel caso di Scarantino); secondo, i ROS subirono lo stesso trattamento diffamatorio (non ci sono dubbi), basta andare indietro nei fatti fino all’attentato all’Addaura.
Per il momento ci fermiamo qui, ma andremo avanti prestissimo con altri documenti.